IL PRESIDENTE EMILIANO E LA DEMAGOGIA SULLA SCUOLA
Con la “buona scuola” di Renzi migliaia di docenti, anche non più giovanissimi, che avevano lavorato per anni in un certo territorio, si sono visti assegnare una cattedra molto lontana dai luoghi della propria vita (casa, famiglia, scuola dei figli, ecc.).
In Puglia il presidente della regione ha avanzato l’ipotesi di un aiuto finanziario pubblico della regione ai docenti emigranti, per aiutarli a sopportare il costo dell’emigrazione (affitti, viaggi, babysitter, ecc.).
Apparentemente la proposta sembra giusta e sensata. A guardarla meglio però, al netto del rispetto per il dramma di tante famiglie, emergono due fortissimi punti critici. Li analizzo prescindendo dalla mia valutazione sulla “buona scuola”, riuscita nel capolavoro di scontentare tutti sul piano dei diritti, senza introdurre il minimo requisito di merito vero nel mondo della scuola.
Primo: l’equità. Emiliano demagogicamente offre una sponda alle proteste di una categoria importante del suo elettorato. Ma gli aiuti per tutti gli altri emigranti pugliesi (attuali e potenziali)? Da emigrante pugliese sarebbe piaciuto anche a me avere qualcosa.
Secondo: il messaggio. Dire “Se dovrete emigrare vi daremo dei soldi” equivale a dire che spostarsi per lavoro è un’ingiustizia che va sanata. Equivale a dire che il posto di lavoro va trovato sotto casa. Equivale a dire che i politici devono trovare ai cittadini il posto di lavoro (meglio se sotto casa).
Sono tutte convinzioni molto radicate nel sentire comune. Convinzioni che la cattiva politica non ha avuto la forza e il coraggio di sradicare negli ultimi decenni. Convinzioni che hanno prodotto cultura assistenzialista (e il conseguente impoverimento di energie creative e imprenditoriali) e debito pubblico (in Calabria il governo “riformatore” di Renzi ha assunto quest’estate 5000 lavoratori socialmente utili).
Le dinamiche del lavoro del terzo millennio, purtroppo o per fortuna, indicano tutt’altra direzione. Il lavoro non è più “il posto”, ma un viaggio avventuroso che richiede ai singoli e alle famiglie di rivedere periodicamente e con flessibilità i propri progetti di vita.
Il mondo è sempre più piccolo e le persone liberamente “votano con i piedi”, scegliendo per il proprio progetto di vita i luoghi che assicurano prospettive migliori.
La politica non crea posti di lavoro e quando prova a farlo finisce con il privilegiare pochi a danno di tutti gli altri.
Insomma sarebbe bene che i politici smettessero di inseguire il facile consenso con il mito del posto. Emiliano abbandoni gli aiuti e gli incentivi “ad categoriam”. Se trova i soldi migliori i servizi pubblici o tagli le tasse.
Per tutti.
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