C’era una volta il posto

Da dieci anni sentiamo dire che il posto fisso non esiste più e che le nuove generazioni cambieranno lavoro mille volte. Abbiamo accettato questo verdetto perché lo abbiamo riscontrato sempre più spesso nelle traiettorie lavorative “impazzite” di molte persone vicino a noi, giovani e meno giovani. Non ci siamo chiesti abbastanza perché è accaduto. Molto semplicemente il “posto” da occupare non c’è più perché il mondo è piccolissimo, i mercati si globalizzano, la tecnologia accelera paurosamente e milioni di persone tutti i giorni si affannano a trovare un modo più efficiente di produrre e di consumare beni e servizi. Oggi alcune persone erogano carte d’identità e controllano le merci in dogana, domani non lo faranno più, perché ci inventeremo altri modi di ottenere la carta d’identità e di controllare le merci. Oggi c’è qualcuno che vende giornali e riviste in un chiosco su strada, domani forse il consumo di giornali e riviste non giustificherà più la figura di un edicolante su strada. Oggi un’azienda di mille dipendenti ha bisogno di 10 contabili, domani avrà bisogno solo di 2 contabili. Oggi per i pagamenti online bisogna aprire un conto in banca parlando con un impiegato, domani probabilmente per questa operazione quell’impiegato non servirà più (e probabilmente non servirà più neanche una banca). Le abitudini cambiano in fretta e i cambiamenti diventano globali e virali in pochi mesi. Tutti gli operatori economici sono sulla frontiera del cambiamento continuo, anche quelli meno esposti alla competizione globale, come ad esempio la pubblica amministrazione. Di conseguenza non ti offro più un’occupazione perché nessuno, neanche gli stati nazionali, possono garantire, come hanno fatto per decenni, che le cose restino sostanzialmente immobili. Il posto “fisso” (e sottolineiamo “fisso”) ha come presupposto che le cose restino immobili: “siccome so che il mondo comprerà sempre automobili da me, io avrò sempre bisogno di operai specializzati e dunque sono in grado di garantirti che qualunque cosa succeda, io azienda, e in caso di difficoltà lo stato, ci faremo carico del tuo stipendio”. Oggi, pressate dalla competizione globale e dal moto perpetuo tecnologico, le aziende (e con esse i governi) non possono garantire più nulla. Posti fissi da “occupare” non ce ne sono più. Non c’è più l’occupazione, c’è l’occupabilità, vale a dire la capacità delle persone di adattarsi alle mutevoli situazioni di mercato, reinventandosi ruoli e mansioni, utilizzando il proprio mix di competenze tecniche, manageriali, creative. Il posto al sole dove dire “hic manebimus optime” non c’è più. C’è la propria “valigia degli attrezzi”, che ci dovrebbe consentire “qualunque cosa succeda” di trovare il modo di offrire valore aggiunto agli altri, siano essi clienti o datori di lavoro.

2 Comments

  1. Nerio Sbarra said:

    grande Lorenzo !
    Da Occupazione a Occupabilità, cioè la capacità delle persone di adattarsi alle mutevoli situazioni di mercato, reinventandosi ruoli e mansioni : esattamente quello che ho fatto io dal 2013…a ben 53 anni !
    🙂

    2 settembre 2015
    Reply
    • E che continuerai a fare alla grande, giorno dopo giorno, non c’è anagrafe che ci fermi:-) !!!

      3 settembre 2015
      Reply

Rispondi a Nerio Sbarra Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *